Giuditta Vannini - Madre Giuseppina
Nascita e primi anni di
vita
Giuditta Adelaide Agata Vannini
seconda di tre figli, nasce in Roma il 7 luglio 1859, dai coniugi Angelo e
Annunziata Papi. Fu battezzata il giorno dopo nella Chiesa di Sant’Andrea delle
Fratte. Il papà morì quando lei aveva appena quattro anni, (18 agosto 1863) e
la mamma rimasta vedova, fra stenti e avversità, sopravvisse al marito solo tre
anni. I tre figli orfani furono fra loro separati, e per sempre.
Giuditta è accolta tra le orfanelle
del Conservatorio Torlonia in Roma, dove prestano il loro servizio le Suore
Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli. Rimane qui fino all’età di
ventuno anni,
Giuditta trova lavoro a Portici
(Napoli) come maestra d’asilo, ma neanche qui si sente serena e decide di
ritornare a Roma per andare ad abitare
dalla zia materna, sua madrina di battesimo. In quest’anno, 1891, fa l’incontro
decisivo per la sua vita: conosce infatti il Padre Luigi Tezza che, intende fondare
una Congregazione dedita al servizio degli infermi, trasmettere il carisma di
San Camillo al femminile.
La scelta vocazionale:
Il giorno che lo Spirito Santo
sceglie per dare inizio alla nuova opera nella Chiesa e destinato a cambiare la
vita di due anime in cerca entrambe della volontà di Dio, corrisponde al 17
dicembre 1891.
Nel mese di dicembre 1891 le
religiose del Cenacolo residenti in Roma, offrirono nella propria casa alle
signore della colonia francese un corso di esercizi predicato nella loro
lingua. Venuto a mancare inaspettatamente il predicatore proveniente dalla
Francia, le religiose chiesero al Padre Tezza di sostituirlo.
Tra le esercitanti vi era
Giuditta Vannini, desiderosa di conoscere meglio la volontà di Dio a suo
riguardo. Il 17 dicembre 1891, avvicinandosi il termine degli esercizi, la Madre
Giuseppina si presentò al confessionale del predicatore, gli parlò della sua
vocazione alla vita religiosa. Lei era decisa a consacrarsi a Dio ma non sapeva
come realizzare tale vocazione. Il Padre Tezza le propose alcuni Istituti, offrendosi
anche di agevolargliene l’ammissione; ma per ognuno trovava difficoltà.
Allora il Padre le disse: «Avreste dunque, figlia mia, l’intenzione di
fondarne una a vostro gusto? Avete per caso la vocazione a farvi fondatrice?»
Essa rispose con un sorriso
negativo. Il Padre però crede avere in quel momento come un lume dall’alto, e
una voce interna sembrava dirgli: «Non
sarebbe questa giovane, l’anima scelta da Dio per dar principio all’opera
ch’egli ti ha affidato?».
Al termine degli esercizi, la Madre
Vannini tornò dal Padre Tezza: da quel momento si metteva interamente a sua
disposizione per il progetto di cui le aveva parlato. Lui non mancò di
rappresentarle le numerose difficoltà che certamente avrebbero incontrato per
venire a termine di questo progetto. Egli non le diede a sperare «rose ma molte
e molte spine», soprattutto per la mancanza di risorse e d’appoggi umani.
«Tutto ciò però non parve sgomentare» la Vannini; al contrario si mostrò coraggiosa ed
energica perché si mettesse subito mano all’opera con intero e filiale
abbandono alla Divina Provvidenza.
La
volontà di Dio si manifestò così chiaramente e nella Chiesa nacque la Congregazione Figlie di San Camillo, che offrirà ad essa frutti di santità.
Il suo messaggio oggi
- “Fare bene ogni cosa, anche la più piccola, la più umiliante, perché Dio ci vede! Unico scopo della nostra vita sia quello di piacere e dare gloria a Dio!”
- “Cercare d’essere “una vera mamma” con dolcezza, fermezza e bontà. Non inquietarsi con i difetti del prossimo, ma dimostrare loro che l’agire in quel modo non è secondo il Cuore di Gesù".
- La Madre Giuseppina si distinse nella carità verso il prossimo, amava sinceramente tutti, con tenerezza squisitamente materna, li seguiva di continuo, individualmente in tutte le loro necessità sia fisiche che morali e spirituali. Diceva: “La carità deve essere universale, abbracciare tutto il mondo, fondamentale è aiutare i nostri prossimi a ben morire, pregando sempre per i poveri agonizzanti, senza mai dimenticare di essere prima caritatevoli con i propri cari, e poi adottare una carità più squisita con i più bisognosi e difficili vedendo sempre negli Infermi l’immagine di “Gesù sofferente”. Diceva ancora, che quello che si fa agli infermi è a Gesù medesimo che si fa, quindi deve essere fatto con amore, delicatezza, con tutto il cuore e ancor di più vi si deve mettere l’impronta inconfondibile dell’amor di Dio.
- La Madre ci ha trasmesso la maternità innata di ogni donna, insieme al carisma della misericordia dato da San Camillo di come assistere agli infermi con un cuore di madre dedito completamente al suo unico figlio infermo, insegnando con una teologia pratica e immediata che “la sofferenza è vinta soltanto dall’amore”.
- Un’esistenza santificata dal “sì” alla divina volontà. Lei ha saputo trarre dall’abbandono e dalla fiducia in Dio una forza insospettata, per condurre maternamente ma fortemente al porto sicuro la sua Congregazione.
- Innamorata del suo divino Sposo, segue le sue figlie una per una le esorta, talvolta le ammonisce, sempre perché siano fedeli allo Sposo, le incita e le sprona alla santità.
- L’amore alla Congregazione lo dimostra con la parola e l’esempio. Raccomanda, prega, insiste, scrive, perché sia sempre mantenuto il fine dell’istituto, secondo lo spirito e l’esempio di San Camillo de Lellis.
- I malati sono per lei i suoi “Padroni e Signori!” e propone e trascina le figlie lanciandole nel mondo con questa spiritualità altamente evangelica. Alla scuola di San Camillo, ha assimilato e compreso cosa significhi persi di fronte al malato nel mondo della sofferenza.
- Questa è la nostra missione nel mondo d’oggi, essere vicino a chi soffre, accogliere, consolare, curare non soltanto le malattie fisiche, ma accompagnare quelli che soffrono la solitudine, l’indifferenza; ascoltare il loro “silenzio” il loro cuore, che cercano una mano che lo sollevi e dare segni di speranza e carità.
- Morì serenamente nella casa di Via Giusti 7 a
Roma, la notte del 23 febbraio 1911 a cinquantadue anni di età.
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