«Voi valete più di moti passeri!» Commento al Vangelo del 25 giugno 2017, XII domenica del tempo Ordinario
Non avere paura! Questa è la parola di una voce che oggi riecheggia in maniera sorprendente nelle letture odierne che la liturgia ci presenta.
Non avere paura di che? Come una mini litania la pagina evangelica di Matteo ci riporta queste parole di Gesù, condensando in sole due frasi tutte le paure che possono imprigionare la nostra coscienza di cristiani nel momento in cui annunciamo con coerenza e con appassionato coinvolgimento il Vangelo: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima». E aggiunge: «Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!».
Nelle sapienti parole del libro del Siracide troviamo questa esortazione: «Gettiamoci nelle braccia del Signore e non nelle braccia degli uomini» (Sir 2,18).
E, ancora, nella pagine del profeta Geremia, oltre alle parole che troveremo nella prima lettura di questa domenica, ascoltiamo queste altre: «Maledetto l'uomo che confida nell'uomo, che pone nella carne il suo sostegno e dal Signore si allontana il suo cuore. Egli sarà come un tamerisco nella steppa, quando viene il bene non lo vede; dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia. Egli è come un albero piantato lungo l'acqua» (Ger 17, 5-6).
L’uomo, con la sua capacità di astuzia e con la sua compromessa scaltrezza, è capace di tendere tranelli al suo fratello, al suo simile, al suo prossimo più prossimo. È soprattutto capace di incatenare un annuncio di amore e di giustizia, di solidarietà e di pace, di verità e di gioia. Il Signore ci invita a saper fondare la nostra fede non sull’uomo, nemmeno su noi stessi, non sulle capacità umane, non sulla parola dolce e ingannatrice allo stesso tempo, ma a saper fidarci di lui. L’annuncio evangelico non può né fondarsi sulle capacità umane né sulla paura di essere intralciati. Quante volte riponiamo la nostra fede sull’uomo, sulle sue promesse che non possono essere mantenute. Quante volte sottomettiamo al servizio di un potere arrogante e illusorio, compromettendo la credibilità della stessa fede. Quante volte mortifichiamo la nostra fede per esaltarne una sdolcinata e rinchiusa in spazi dove il tarlo di una mentalità chiusa la limita e la mortifica. Quante volte sacrifichiamo sull’altare del silenzio tombale la nostra espressione di fede con la scusante del rispetto di pensieri diversi, senza puntare invece sulla capacità di un dialogo e di un confronto rispettoso e sereno.
La nostra fede non sarà mai una fede robusta fin tanto che fa affidamento all’uomo e non a Dio, fin tanto che si lascia irrigidire dalla paura. È Dio il fondamento della nostra fede, oltre che della nostra esistenza. È lui che conduce il cammino dell’annuncio. Noi siamo chiamati soltanto a prestare la nostra voce, a donargli il nostro tempo, a lasciarci coinvolgere con la nostra stessa vita. Il Signore ci chiede di avere una fede matura, schietta, generosa, missionaria, appassionata, coinvolgente. Una fede che non deve fermare l’annuncio del Vangelo per causa di chi pretende di manometterla e di metterla a tacere. Ecco perché poi il Maestro Gesù conclude dicendo: «Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
Non sono parole per incuterci paura, quanto un incoraggiamento a non venir meno alla nostra missione di annunciatori appassionati della bella notizia del Vangelo. Allora, via da noi ogni tipo di paura! Prendiamo coscienza del nostro impegno missionario che ci è stato conferito nel Battesimo. Specialmente oggi, in un mondo disorientato, dove la paura, o meglio il terrore, la fa da padrone noi non dobbiamo arrestarci nel nostro cammino di cristiani e non dobbiamo permettere che si arresti la Parola del Vangelo. Una Parola che può portare una nuova ondata di pace e di gioia, di amore e di speranza, di solidarietà e di fede in un contesto tanto bisognoso quanto disponibile ad accogliere un nuovo messaggio che alimenti la vita di ogni uomo e di ogni donna.
E se dovesse sopraggiungere la paura ricordiamo le parole del Siracide sopraccitate: Gettiamoci nelle braccia del Signore. E la sua opera iniziata in noi sarà portata a compimento
Padre Onofrio Antonio Farinola
sacerdote capucciono
Non avere paura di che? Come una mini litania la pagina evangelica di Matteo ci riporta queste parole di Gesù, condensando in sole due frasi tutte le paure che possono imprigionare la nostra coscienza di cristiani nel momento in cui annunciamo con coerenza e con appassionato coinvolgimento il Vangelo: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima». E aggiunge: «Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!».
Nelle sapienti parole del libro del Siracide troviamo questa esortazione: «Gettiamoci nelle braccia del Signore e non nelle braccia degli uomini» (Sir 2,18).
E, ancora, nella pagine del profeta Geremia, oltre alle parole che troveremo nella prima lettura di questa domenica, ascoltiamo queste altre: «Maledetto l'uomo che confida nell'uomo, che pone nella carne il suo sostegno e dal Signore si allontana il suo cuore. Egli sarà come un tamerisco nella steppa, quando viene il bene non lo vede; dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia. Egli è come un albero piantato lungo l'acqua» (Ger 17, 5-6).
L’uomo, con la sua capacità di astuzia e con la sua compromessa scaltrezza, è capace di tendere tranelli al suo fratello, al suo simile, al suo prossimo più prossimo. È soprattutto capace di incatenare un annuncio di amore e di giustizia, di solidarietà e di pace, di verità e di gioia. Il Signore ci invita a saper fondare la nostra fede non sull’uomo, nemmeno su noi stessi, non sulle capacità umane, non sulla parola dolce e ingannatrice allo stesso tempo, ma a saper fidarci di lui. L’annuncio evangelico non può né fondarsi sulle capacità umane né sulla paura di essere intralciati. Quante volte riponiamo la nostra fede sull’uomo, sulle sue promesse che non possono essere mantenute. Quante volte sottomettiamo al servizio di un potere arrogante e illusorio, compromettendo la credibilità della stessa fede. Quante volte mortifichiamo la nostra fede per esaltarne una sdolcinata e rinchiusa in spazi dove il tarlo di una mentalità chiusa la limita e la mortifica. Quante volte sacrifichiamo sull’altare del silenzio tombale la nostra espressione di fede con la scusante del rispetto di pensieri diversi, senza puntare invece sulla capacità di un dialogo e di un confronto rispettoso e sereno.
La nostra fede non sarà mai una fede robusta fin tanto che fa affidamento all’uomo e non a Dio, fin tanto che si lascia irrigidire dalla paura. È Dio il fondamento della nostra fede, oltre che della nostra esistenza. È lui che conduce il cammino dell’annuncio. Noi siamo chiamati soltanto a prestare la nostra voce, a donargli il nostro tempo, a lasciarci coinvolgere con la nostra stessa vita. Il Signore ci chiede di avere una fede matura, schietta, generosa, missionaria, appassionata, coinvolgente. Una fede che non deve fermare l’annuncio del Vangelo per causa di chi pretende di manometterla e di metterla a tacere. Ecco perché poi il Maestro Gesù conclude dicendo: «Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
Non sono parole per incuterci paura, quanto un incoraggiamento a non venir meno alla nostra missione di annunciatori appassionati della bella notizia del Vangelo. Allora, via da noi ogni tipo di paura! Prendiamo coscienza del nostro impegno missionario che ci è stato conferito nel Battesimo. Specialmente oggi, in un mondo disorientato, dove la paura, o meglio il terrore, la fa da padrone noi non dobbiamo arrestarci nel nostro cammino di cristiani e non dobbiamo permettere che si arresti la Parola del Vangelo. Una Parola che può portare una nuova ondata di pace e di gioia, di amore e di speranza, di solidarietà e di fede in un contesto tanto bisognoso quanto disponibile ad accogliere un nuovo messaggio che alimenti la vita di ogni uomo e di ogni donna.
E se dovesse sopraggiungere la paura ricordiamo le parole del Siracide sopraccitate: Gettiamoci nelle braccia del Signore. E la sua opera iniziata in noi sarà portata a compimento
Padre Onofrio Antonio Farinola
sacerdote capucciono
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