Ora,
il Padre sembra veramente « più nessuno ». Seduto su di una panca nel piccolo
giardino prospiciente la cameretta che gli è riservata, ravvolto in vesti
povere a salvaguardia dal freddo, la mente vanita nelle turgide isole dell’arteriosclerosi
che gli riservano ancora qualche sprazzo di lucidità, quanto basta per invocare
Gesù e Maria, dove trascorre gli ultimi mesi che lo separano ancora dalla
morte; Verona, Roma, Notre Dame de la Chaux sfumano nel sensorio di una psiche
nei barlumi della malattia; i Padri Artini, Modena, Sommavilla, Ferrini,
Motterle, amici veri della vita, si allontanano; le sue Figlie di San Camillo,
le figlie del cuore si dileguano nella nebbia della malattia e nulla può
fermare il viaggio che non ha ritorno che terminerà ytra le braccia e sul cuore
dello Sposo Celeste che dopo tanto patire l’attende per mettergli la corona del
« vittorioso ».
Il
momento è solenne e noi rendiamo la parola alla testimonianza scritta con tanta
venerazione dal padre Cruz Mauleon – il martire della rivoluzione – lasciata negli
Archivi della casa di Lima.
«Dell’ultima
tappa della sua esistenza i Mons. Rev.mi sanno più di questo semplice cronista,
che ebbe modo di ammirarlo a Lima solo al momento in cui la crudele malattia
prima ne minò la salute, poi ne concluse la vita.
Ma in merito alla sua permanenza in
questa città, non posso fare a meno di ripetere ciò che tante volte ho sentito
dire: che fu un apostolo instancabile del bene in tutte le sue manifestazioni,
anche in età molto avanzata.
Dicevano
di lui “Padre Tezza è il sacerdote più degno di Lima” (Mons. Lauri,
Delegato Apostolico ) “uomo ispirato da Dio e provvidenziale per Lima” (Mons. Gasparri Delegato Apostolico)
[...]
Scienza e pietà: ecco le caratteristiche principali della sua vita, che in lui
brillarono in misura tale di manifestarsi, nonostante i suoi sforzi per
nasconderle, in ogni singolo atto della sua lunga esistenza. Questi doni gli
meritarono la stima, l’amore, il rispetto e perfino la venerazione dei suoi
confratelli come degli estranei, e quei doni egli mise a frutto con abilità e
con il sostegno di una parola ricca e persuasiva, a vantaggio delle tante anime
che a lui si affidarono.
Poiché la sua principale virtù
risieda nell’impegno per la salvezza delle anime, si può facilmente comprendere
quale debba essere stato il suo più grande tormento durante i tre lunghi anni
di malattia, che sopportò con la più cristiana rassegnazione. E non sapremmo
mai in quale maniera positiva abbaia sopportato quel tormento se non fosse per
i deliri degli ultimi mesi, nei quali, con più evidenza che nelle sue parole,
si poté scorgere la fiamma dell’amore di Dio che ardeva in quel petto.
Le avversità più che le situazioni
favorevoli, la malattia più che la salute, rivelano l’uomo. Se padre Tezza fu
tanto esemplare nella malattia, che cosa dobbiamo pensare del resto della sua
vita? [...]
[...]
Non ho avuto occasione di conoscerlo personalmente se non quando la terribile
malattia lo aveva già sopraffatto in vita ... Molto aveva sentito dire della
sua persona e molto vi avevo riflettuto, ma, quale novella regina di Saba,
quando lo conobbi personalmente non potei fare a meno di dire a tutti che
quanto mi era stato riferito non corrispondeva alla metà di quello che
effettivamente era. A buon diritto, quindi Padre Artini poté affermare che
tante cose si potevano immaginare, ma non descrivere.
La sua figura mi è rimasta tanto
suggestiva, simpatica e amabile che, nonostante il poco tempo che ho trascorso
con lui, difficilmente potrà essere cancellata dalla mia memoria. Mi sembra
vederlo, sorridente nelle sue sofferenze, come se non si ricordasse della
malattia, rispondere con garbo e schernirsi quando cercavano di consolarlo.
Quando il male sempre più minava il
suo fisico, usciva spesso a prendere il sole. Con un cappello di paglia in
testa ed incappottato come in pieno inverno, trascorreva i pomeriggi estivi
dando le spalle al sole e sebbene i suoi abiti bruciassero, tremava dal freddo perché
soffriva di arteriosclerosi. [...] Aveva sempre il rosario tra le dita mentre
sussurrava una preghiera o ripeteva i Salmi che sapeva a memoria. Tale è stata
la devozione per la celebrazione della Santa Messa durante quasi tutta la lunga
malattia, che non riuscivamo a capire da dove poteva trarre tante energie un
uomo così logorato dagli anni e dalla fatica. Ciò che riusciva a rinnovargli le
forze era sicuramente l’amor per l’Eucaristia [...]
[...] San Giuseppe, doppiamente protettore
del nostro Padre Luigi per essere questi sia figlio di San Camillo che figlio
infermo, gli concesse la singolare grazia di poter celebrare fino al giorno
della sua festa. Poi, ormai immobile, trascorreva a letto come morto la maggior
parte del giorno e se si alzava doveva ricoricarsi immediatamente.
Il dono della amabilità, compagna inseparabile
della sua vita, non lo abbandonò nemmeno fra i tormenti di una malattia tanto
lunga quanto dolorosa. Con delicata attenzione apprezzava tutto quanto si
faceva in suo favore, come quando gli comunicavamo notizie che potevano
consolarlo su particolari questioni della Casa o dell’Ordine, dal che
trasparivano sia il suo amore puro per la religione che una precisa
intelligenza delle cose nel loro vero aspetto. Quali pratici orientamenti riusciva
a darci! Si interessava di ogni singolo religioso della comunità. Voleva saper
come stessero e cosa facessero. In una parola, per tutti è sempre stato un vero
padre, fino al momento estremo [...]
Padre Luigi Tezza Camilliano (1841-1923) Bruno Brazzarola Capitolo XXXV
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