Vigilia della festa di tutti i Santi Chiesa di S. Maria Maddalena

Festa della Luce! nella Chiesa di Santa Maria Maddalena a Campo Marzio (RM), curia generalizia dei padri camilliani, una chiesa maestosa; sembra una serata appositamente preparata per far risplendere la luce dei Santi nello splendore dell'architettura, dopo circa due anni di lavori di consolidamento strutturale e di restauro estetico della facciata barocca. 

Circa due anni, anche a causa della pandemia le funzione ed eventi erano ristretti, nonostante ciò e ancora con le dovute misure sanitarie, abbiamo potuto partecipare in gran numero all'Adorazione Eucaristica in preparazione alla grande festa di Tutti Santi.

Tanti giovani hanno partecipato, e portato le loro intenzioni davanti al Santissimo Sacramento, anche quelli che passeggiavano fuori la chiesa, attratti dai canti e le preghiere! 

All'inizio della funzione dopo la preghiera iniziale si legge la Parola di Dio (Gal 4, 4-7 e Mt 3, 13-17)

A continuazione la Riflessione di Padre Gianfranco Lunardon M.I.

"È una grande sfida, parlare della ‘paternità’, fosse anche della paternità di Dio, nella contingente stagione storico-culturale che stiamo vivendo, in cui stiamo anche raccogliendo i frutti maturi ma avvelenati della ‘morte/uccisione del padre’.

Per oltre un secolo e mezzo, i cattivi maestri hanno proclamato ‘l’uccisione del padre’, con tutto ciò che il ‘padre’ rappresenta: la paternità biologica, la legge, la disciplina, la responsabilità della vita adulta/matura e, in ultima istanza, la presenza trascendente di Dio-Padre.

“Abbà-Padre” è la parola cardine che incornicia perfettamente tutta la parabola storica della vita di Gesù. Praticamente è la prima e l’ultima parola che affiora sulle labbra stesse di Gesù.

Lc 2,49 «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 
Lc 22,42 «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». 
Lc 23,34 «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.
Lc 23,46 «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». 

Tuttavia è evidente che tale parola ‘padre’ sulle labbra di Gesù dodicenne che si è ‘smarrito’ al tempio non risuona e non evoca la medesima esperienza di Gesù che invoca il Padre ’silente’ nella sua passione, agonia, tradimento e morte in croce.

Anche per Gesù, come per ciascuno di noi, la ‘filialità’ è stata un cammino, una progressione in cui la sua percezione filiale ha subito delle inevitabili revisioni e correzioni.
In modo un po’ azzardato, potremmo dire che ‘figli non si nasce, figli si diventa’. “Continuiamo” a diventare figli esattamente quando accettiamo la relazione seria, struggente con il nostro padre, quando cominciamo a confrontarci con la sua presenza, con la sua storia, con il fatto che lui oggettivamente mi precede, che lui custodisce la mia origine e la mia memoria.

In positivo, la paternità di Dio, è percepita e vissuta da Gesù come un profondo senso di appartenenza, fondamento certo e sicuro della sua stessa identità: il Padre dice e ripete sempre, ad ogni livello di consapevolezza, ‘tu mi appartieni’, ‘tu non sei solo’ ,‘io ti custodisco’! 

È il Padre (cfr. Parabola del padre misericordioso) che custodisce la mia dignità di figlio, anche quando io, più o meno deliberatamente, rovino o baratto la mia dignità fino a ridurmi a frequentare ‘le carrube dei porci’ per sopravvivere. È il Padre che mi riconsegna l’anello (simbolo della nobilissima dignità filiale); i sandali (simbolo della inarrivabile dignità di uomo/figlio libero); la veste che richiama esattamente quella ‘prima veste’ che rivestiva la splendida umanità di Adamo poi rovinata dall’esperienza egocentrica del peccato.

Ecco: ora il figlio è ripristinato nella sua bellezza filiale da un interrotto amore-dedizione paterna che non si è mai lasciata scalfire dalla disobbedienza filiale: in fin dei conti, anche Dio, come ogni padre terreno, è Padre e rimane Padre a prescindere che sia riconosciuto e percepito e amato come tale dei propri figli. La paternità di Dio è infrangibile!
La paternità di Dio - letta come ‘filialità’ dalla nostra parte - è il vero antidoto ad ogni forma di paura, dal momento che ogni paura affonda le sue radici nella paura per antonomasia: la paura di ‘essere abbandonati’, la paura di ‘non essere accolti’, la paura di ‘non essere scelti’, la paura di non poter riposare sicuri tra le braccia di Qualcuno che seriamente mi custodisca, qualunque cosa accada! 

È questa paura di ‘essere abbandonati’ che diventa la madre di ogni nostro compromesso, di ogni nostro tradimento, di ogni nostro peccato, di ogni nostra scelta al ribasso nella vita. Per essere accolti nel ‘cerchio’ della vita, anche se spesso non è vita vera, non è vita buona, siamo disposti a barattare la nostra dignità filiale e come tale a barattare e a svendere la presenza paterna di Dio stesso.
Gesù, invece, non ha ma corso questo rischio, perché il suo legame con il  Padre, la sua dedizione alla volontà del Padre, la sua fedeltà alla parola del Padre, non sono mai stati messi in discussione. Tutto gli è accaduto nella vita: sofferenze, incomprensioni, tradimento degli amici, rifiuto e morte, ma nulla ha mai potuto far traballare la sua ‘filialità’, ossia la sua chiara e fondante esperienza della presenza buona del Padre.

In fin dei conti, Gesù nella sua stessa vita storica, non ha fatto altro che annunciare e condividere la sua personalissima esperienza del paternità di Dio.

Ogni suo incontro di vera e piena ‘guarigione’ termina sempre con una umanissima e splendida benedizione: “Figlio/a …” che ripete in modo del tutto speciale e caloroso a quegli uomini e donne che vivono la fragilità e la marginalità.

Ogni atto accogliente e veramente terapeutico si conclude - o meglio viene coronato - con questa meravigliosa parola: “Figlio/a”. Ossia, Dio ti è Padre, tu gli appartieni, non sei solo, non c’è nulla che ti possa strappare dalle mani buone del Padre!
In questo senso, è fonte di profonda commozione pensare che alla fine della sua vita terrena, Gesù, al centro del processo farsa che lo condurrà alla morte in croce, verrà ‘scambiato’, a furor di popolo, con un uomo di nome ‘Bar-abba’, che in aramaico significa esattamente ‘figlio del Padre’ …

Anche coloro che non hanno amato o voluto riconoscere Gesù come Figlio-del-Padre, alla fine, hanno dovuto, loro malgrado, cedere alla stingente e consolante logica di Dio, che non rinuncia, per nulla al mondo, a rilanciare su tutti gli uomini la bellezza della sua custodia paterna.

p. Gianfranco Lunardon
31 ottobre 2021
Vigilia della festa di tutti i Santi

I preparativi


Padre Gianfranco prepara il luogo per le confessioni

Filippo e Suor Ruby sistemano il tavolo con carta e penna 
per scrivere l'intenzioni e portare a Gesù Eucaristia 


Prova dei canti Pamela (violino) Suor Fernanda (chitarra)
sotto: Olga (chitarra e voce) 



Dopo la riflessione in un clima di silenzio e adorazione, ognuno scrive una piccola professione di fede nella quella rinnova a Dio la certezza che Lui è nostro Padre, proprio mio e che io sono suo figlio, sua figlia. Lettera che viene consegnata al sacerdote e deposta sull'altare. Padre Gianfranco ad ognuno ha chiesto il nome e ha risposto:

N.N. tu sei mio figlio/a l'amato/a: in te ho posto il mio compiacimento









Conclusione

Preghiera: "Come una calamita irresistibile, ci hai attirato a te Signore. Perché è l'Amore che ti desidera, è l'Amore che ti cerca, è l'Amore che ti trova. Nella ricerca amarti e nell'Amore cercarti. Grazie Signore per quest'incontro di preghiera con Te. Grazie per averci riunti tutti qui questa sere, per averci ricordato che siamo Figli tuoi e che siamo chiamati alla santità.
Grazie per il dono dei Santi che questa sera ci adotteranno per un anno"

In questo momento i presenti estraggono da un cestino il nome del loro santo protettore!
 

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