Iquitos Al servizio degli ultimi per libera scelta Medici volontari nell'Amazzonia peruviana

L’esperienza di un gruppo di medici volontari in un villaggio dell’Amazzonia peruviana

Di Davide Dionisi*

Il posto si chiama Santa Clotilde ed è un piccolo villaggio, nella regione di Loreto, immerso nella foresta sul fiume Napo, uno dei principali affluenti del Rio delle Amazzoni. Siamo nel Perù nord-orientale, in una regione abitata da popolazioni indigene, e il nucleo urbano più importante, raggiungibile solo via aerea o via fiume, è a circa duecento chilometri di distanza: Iquitos. 

Da queste parti ricordano tutti la visita di Papa Woytila, a febbraio del 1985, (Viaggio apostolico in Venezuela, Ecuador, Perù, Trinidad-Tobago ndr) che con le popolazioni locali parlò nei loro idiomi “aguaruma”, “cocama” e “shipibo” oltre che in spagnolo. 

Con l’arrivo del Covid, tutti gli ospedali del paese, al confine con l’area della foresta, sono entrati in crisi e non sono riusciti a fornire assistenza a tutti i malati della zona. Tanto più che alla pandemia si è aggiunta una grave epidemia di dengue e la leptospirosi, un’infezione causata da un batterio che si trova nell'acqua dolce sporcata dall’urina di animale. “A Iquitos la vita di una persona dipende dalla durata di una bombola di ossigeno” denunciavano i medici locali che, per metà, si erano già ammalati all’indomani della diffusione del virus. 

Nel villaggio, però, da due anni c’è una piccola fondazione della Congregazione delle Figlie di San Camillo che, oltre a diffondere una cultura di pace, di tolleranza, di solidarietà ai più poveri fra i poveri, garantisce ai residenti un’assistenza sanitaria competente e professionale. 

Durante il periodo più acuto della pandemia, le suore hanno lanciato un accorato appello, considerato che da sole non ce l’avrebbero mai fatta a raggiungere i malati di Covid e a continuare il loro servizio di screening e pronto soccorso. Appello che è stato immediatamente raccolto da un gruppo di medici che si sono messi in moto da Stati Uniti, Germania e Spagna per trasferirsi in quella sperduta ansa del fiume Napo e dare man forte al presidio.

Una vera e propria boccata d’ossigeno per le precarie condizioni in cui versa il sistema sanitario locale, se si tiene conto che prima dell’arrivo dell’equipe internazionale di professionisti, i pazienti più gravi dovevano essere trasferiti ad Iquitos. 

Nonostante le difficoltà incontrate, dovute per lo più agli spostamenti e al razionamento dell’energia elettrica, i medici hanno preso in mano la situazione mettendosi subito al lavoro allestendo un reparto di Pronto Soccorso e sostenendo la medicina generale, la ginecologia e l’ostetricia. Da ormai tre mesi lavorano incessantemente anche per il programma di informazione, educazione e formazione sanitaria, sottolineando come siano necessarie azioni specifiche per modificare abitudini alimentari e uso incontrollato di sostanze nocive, oltre che per ridurre il consumo di stupefacenti. 

La proposta tende a garantire una migliore protezione sanitaria sostenendo azioni di cooperazione internazionale e facendo meglio conoscere i fattori di rischio, nonché favorire impostazioni multidisciplinari di promozione sanitaria, tenendo conto delle condizioni socioeconomiche e di ambiente fisico necessarie alla salute dell'individuo e della collettività. In particolare in un’area dove ci sono gruppi svantaggiati. 

L’atmosfera che si respira oggi a Santa Clotilde dopo l’arrivo dei medici “angeli” è più serena. I chirurghi e gli specialisti giunti dall’altra parte del mondo come volontari non hanno mai smesso di indossare il camice e sono impegnati in una serie di interventi a catena per soccorrere pazienti adulti e bambini che altrimenti si sarebbero trovati privi di altre risorse. La tutela della salute e, attraverso di essa, la promozione dello sviluppo è anche un modo di operare per la pace, non meno importante dell’impegno della diplomazia internazionale impegnata nell’attuale scenario di guerra. Lo sviluppo è un processo che coinvolge tutti i membri di una medesima famiglia umana, arricchisce tutti indistintamente. 

Quella dei medici volontari a Santa Clotilde è la base etica di una politica sanitaria che fa della solidarietà e dello sviluppo le due chiavi della pace. Gli scopi di questo tipo di assistenza, inoltre, non sono solo quelli tradizionali (cure mediche o aiuto per situazioni di emergenza). 

L’idea dell’equipe a sostegno delle camilliane è quello di perseguire un uso più razionale delle risorse, un'educazione sanitaria rivolta alle persone sostenendo anche con forza il principio del coinvolgimento e della responsabilizzazione delle comunità locali, che devono essere beneficiarie e protagoniste del proprio sviluppo sanitario. Anche perché sono note le difficoltà locali del settore: a maggio del 2020 oltre la metà dei medici impegnati nella lotta al coronavirus ad Iquitos, per esempio, avevano contratto la malattia, ovvero 189 su 350 (il 54%). E la situazione è apparsa fin dall’inizio critica. Quella di Santa Clotilde è la testimonianza silenziosa dell’uomo che si pone al servizio dell’uomo per libera scelta. L’auspicio è che tale servizio permanga per le esigenze normali e non diventi unicamente una presenza di emergenza.

*Trascrizione dell'articolo pubblicato sull'Osservatorie Romano del 25 febbraio 2022, per cortesia di Davide Dionisi
 a pag. 2 di Atalante.


 

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