26 luglio 2025 Bucchianico
In occasione dell’anno giubilare della Conversione di San Camillo, la comunità di Casa Madre ha organizzato un pellegrinaggio a Bucchianico, paese natio del Santo della Carità. Siamo partiti sabato mattina (26 luglio), accompagnati dal padre Gianfranco Lunardon, Vicario generale dei camilliani, che ha fatto da guida spirituale e ci ha raccontato il senso del pellegrinaggio nella vita di San Camillo e di ognuno di noi.
Arrivati in piazza, dove si trova il Santuario di San Camillo, siamo stati accolti dal Rettore Padre Germano Santone e da Umberto, e ci siamo preparati ad attraversare la Porta Giubilare e a partecipare alla celebrazione dell’Eucaristia, nella Cripta dove si custodisce il corpo di San Camillo. Sotto il simulacro della sua figura si trovano i resti mortali del Santo, che rimangono fino al 30 novembre, per poi essere restituiti alla Chiesa della Maddalena, sede della curia generalizia dei camilliani.
Di seguito, una sintesi dell’omelia e la testimonianza di una giovane
L'omelia del padre Lunardon si focalizza sulla presenza simultanea del bene e del male nella vita cristiana. Egli evidenzia che, come nel campo del richiamo evangelico, il seme del bene e della malizia coesistono: il bene è ciò che inizialmente si desidera seminare, ma il male, rappresentato dalla zizzania, può emergere con il tempo.
L'omelia sottolinea che questa opposizione è naturale e inevitabile nella storia umana e cristiana: anche Gesù aveva la zizzania tra gli Apostoli. La vera sfida è discernere e affrontare questo male senza distruggere il bene, poiché la zizzania può sembrare simile al grano nel primo stadio della crescita, rendendo difficile la sua eliminazione tempestiva.
Padre Lunardon utilizza anche la sua esperienza personale di contadino per approfondire il tema del male e del discernimento. Ricorda che sua nonna, anch'ella contadina, usava una roncola per recidere la zizzania (chiamata loglio) quando cresceva tra il grano. La nonna sapeva che inizialmente il loglio cresceva insieme al grano e sembrava simile, ma con il tempo si manifesta come una pianta che soffoca e asfissia il bene.
L'aneddoto della roncola e del loglio serve a illustrare che spesso il male si presenta in modo seducente, apparendo come bene, e bisogna essere pazienti e saggi per riconoscerlo e rimuoverlo al momento giusto, prima che danneggi irreparabilmente il tutto. La nonna interveniva con prudenza, aspettando che il loglio diventasse giallo e seccasse, permettendo di eliminarlo senza danneggiare il grano.
Questo ricordo personale serve a sottolineare che, nella vita cristiana, la prudenza, la pazienza e la discernimento sono essenziali, anche se la tentazione di voler eliminare subito il male può essere forte. La stessa attitudine si applica nella vita spirituale: bisogna lasciar maturare il bene e affrontare il male con fedeltà, speranza e perseveranza, affidandosi a Dio, come insegnava anche San Camillo.
Il padre Lunardon invita a vivere con speranza e perseveranza, come "operatori di speranza", lavorando attivamente nella storia, sostenuti dal Signore, che è la vera sorgente della speranza, come spiegato da Benedetto XVI nella sua Enciclica Spe Salvi. La speranza, infatti, implica impegno, sofferenza e amore, per far sì che le cose e le persone non vadano incontro alla loro fine pessimistica.
Viene inoltre richiamato il valore della pazienza e della fiducia nel tempo di Dio, che permette di distinguere il bene dal male con maturità spirituale, come faceva San Camillo. L'obiettivo finale della vita cristiana è incontrare il Signore nella "mietitura", cioè al termine della vita, con consapevolezza che il percorso è lungo e che il peccato e il male sono parte del cammino.
Infine, si evidenzia la necessità di essere "pellegrini", non turisti, perseveranti nel percorso di fede, e di essere operatori di speranza negli altri, portando luce e speranza anche nelle situazioni di male. La presenza di Gesù e la comunione fraterna sono strumenti fondamentali per affrontare questa lotta, confidando sempre nella misericordia e nella forza che viene dall’incontro con Cristo.
Al termine della Messa, guidati da una volontaria, abbiamo visitato il Museo dedicato interamente a San Camillo. Un momento particolare è stato sostare in preghiera davanti alla tomba del Servo di Dio Nicola D’Onofrio.
Il nostro pellegrinaggio si è concluso visitando la casa di riposo della comunità di Bucchianico, dove le sorelle ci hanno accolto nel chiostro di Santa Chiara per il pranzo al sacco. Le sorelle di Casa Madre hanno portato dei piccoli doni per ogni ospite della casa, consegnati dai giovani con canti e preghiere, in occasione della vigilia della V Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani.
Presentiamo la testimonianza di Benedetta Maria
Al mio arrivo a Bucchianico, sono tutta intirizzita dal freddo, un po’per l’aria condizionata del pullman, un po’ per il brutto tempo.
Sono di pessimo umore e nervosa perché ho molta paura: da quando sono stata male, quest’anno, faccio veramente difficoltà ad uscire dalle mie abitudini e a stare tra persone che non conosco. Buttarmi a capofitto in una giornata di cui non so nulla, né sull’organizzazione né su chi ci sarà a partire con me … sicuramente non ha aiutato.
L’ho fatto per affetto verso San Camillo. Lui conosce le grazie che mi ha donato in questi mesi e non potevo non venire qui a ringraziare.
Padre Gianfranco ci ha raccontato la vita del Santo, nel corso del viaggio: ogni volta che l’ascolto mi viene la pelle d’oca. Ci sono tanti passaggi che mi colpiscono, sempre in modo diverso.
È incredibile quanto, attraverso i camilliani, il Signore abbia parlato alla mia vita, quest’anno.
Il freddo che provo all’arrivo, però, non è paragonabile alla gioia che ho nel cuore visitando il santuario e che aumenta piano piano durante la messa.
Sono tante le parole di luce che ricevo, ma sono troppo profonde per essere scritte, come se fossero un tesoro prezioso che non mi sento di violare.
La certezza che ho nel cuore è che il Signore mi ha salvata dalla morte, ancora una volta. Mi commuovo a vedere, ora, con quanta dolcezza mi abbia presa tra le Sue mani per tirarmi fuori dal buio in cui ero.
Ero fuori di me, lontana dalla mia verità perché lontana da Lui: ora, piano piano, mi sembra di star tornando a casa. Ma è partito tutto da Lui.
Il vero dono di questa giornata, però, mi attende dopo pranzo: le Figlie di San Camillo ci guidano nella visita al reparto di degenza che ospitano nella loro casa.
Ci sono tante donne anziane, alcune più malate di altre, qualcuna è vigile, qualcuna neanche sembra rendersi conto della nostra presenza. Ma basta guardarle negli occhi per capire il perché della tanta sollecitudine di San Camillo verso i malati: una volta che incontri quello sguardo, non vorresti più staccarti da quel letto. Vorresti restare lì tutto il tempo possibile, non perdere neanche una goccia di quei momenti preziosi, che non torneranno.
Nel tempo che passo tra questi letti, per la prima volta dopo non so quanto, il mio cuore si placa dalle mille ansie che ho. Mi sento centrata. Tutta la tensione che in genere mi abita da quando mi sono ammalata, e a cui ormai ho fatto l’abitudine, sembra ritirarsi in un angolino. Per adesso, finché sono in questa corsia, la mia esistenza non è mia: appartiene a queste persone, è a loro servizio.
Guardo queste signore, ognuna delle quali ha una storia tutta sua. Mi è impossibile non accarezzarle (io che sono tutto fuorché una persona “fisica” dal punto di vista affettivo: in genere, odio il contatto): voglio, anzi ne sento quasi la necessità impellente, che sappiano che ci sono, che le vedo, che sto loro accanto. Cerco di parlare con loro, di prenderle per mano, di farle sorridere: quello che posso, purché esse comprendano che c’è qualcuno accanto a loro.
Forse non posso sentire concretamente il loro dolore, ma posso far loro compagnia, posso STARE accanto a queste donne, come San Giovanni è stato sotto la Croce. Non voglio lasciarle sole. Il tempo che posso dedicare a ciascuna mi sembra troppo poco. Ho una sola paura: non riuscire a rispondere alla sofferenza e alla solitudine che vedo.
È una sete troppo grande da estinguere, quella che sento attorno a me.
Vorrei essere in grado di stare con ciascuna di queste persone abbastanza da essere sicura che si senta accolta, ma allo stesso tempo non posso non andare incontro a chi è nel letto successivo. Mi sento troppo piccola. Non posso fare altro che concentrarmi sulla persona che ho davanti.
Amare in modo singolare ciascuna di loro per quel breve tempo che mi è concesso oggi. È tutto quello che posso fare.
Ogni momento con loro è una grazia. È essere Guardia d’Onore concretamente. È stare, semplicemente STARE sotto la loro croce.
Siamo venuti qui per consegnare alle ospiti del reparto alcuni regali. Ma il vero regalo l’hanno fatto loro a noi.
Benedetta Maria
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Cronaca del Pellegrinaggio a Bucchianico
In pomeriggio visita ai nostri cari nonni della casa di riposo
Ringraziamo le sorelle della comunità di Bucchianico per l'accoglienza!
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