L'elogio della prontezza. Commento al Vangelo Terza Domenica di Avvento Gaudete!!

L'ELOGIO DELLA PRONTEZZA
Anche l’evangelista Giovanni in questa terza domenica di Avvento, la domenica gaudete, ci presenta la figura di Giovanni Battista così come l’evangelista Marco domenica scorsa. Evidentemente la figura del Battista dev’essere di primaria importanza nel piano di Dio per cui lo si presenta più volte in un contesto liturgico come quello che stiamo vivendo. Lo stesso Gesù ebbe ad esclamare: “Tra i nati di donna non c'è nessuno più grande di Giovanni” (Lc 7,28).
Il Battista ha un ruolo fondamentale nel progetto di Dio così come ascoltiamo nella pagina evangelica dalla sua stessa voce: “Io sono voce di uno che grida nel deserto … Io battezzo con acqua; in mezzo a voi sta colui che voi non conoscete, colui che viene dopo di me, di cui non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo”. 
Egli è colui che sveglia le coscienze perché siano realmente consapevoli di un imminente avvenimento che sta per accadere e per il quale bisogna essere pronti; egli è colui che appiana i colli perché la strada diventi più percorribile; egli è colui che costruisce ponti che collegano la terraferma per facilitare il cammino dei viandanti; egli è colui che indica nuovi sentieri perché i pellegrini non si perdano e raggiungano per tempo la meta.
L’elogio della prontezza. Giovanni Battista è colui che esorta alla prontezza. Gesù stesso più volte richiama l’importanza dell’essere pronti. Il che non vuol dire pronti alla morte, ma alla vita. “Tenetevi pronti” (Lc 12,40) è il richiamo di Gesù. È essere pronti ad intraprendere nuovi cammini nella vita; è essere pronti a tracciare nuovi sentieri; è essere pronti a seguire nuove indicazioni esistenziali; è essere pronti a percorrere nuove strade. È la prontezza ad accogliere le novità della vita.
L’uomo desidera invece essere sempre avvisato, per cui si rende incapace ad accogliere la novità di un evento particolare che sopraggiunge all’improvviso. Così come si rende incapace di accogliere quegli avvenimenti tristi della vita che ad un tratto, come un fulmine a ciel sereno, può strappare la vita stessa. L’uomo di oggi è un uomo preavvisato. Il preavviso non appartiene più soltanto alla materia giuridica, quanto ormai è parte di uno stile di vita, per cui se si è avvisati per tempo -perché poi non è importante soltanto avvisare, ma avvisare per tempo! - allora ci si sente più disposti, si è più preparati, si può avere tutto il tempo di sistemare. Diversamente si coglierà l’uomo perennemente impreparato alla vista stessa.
La prontezza al contrario, rende l’uomo sempre preparato.
La prontezza predispone all’accoglienza. Chi non è pronto non è capace di accogliere né il corso della storia in ogni sua venatura, né il prossimo, chiunque egli sia. 
La prontezza predispone all’abbraccio. Chi non è pronto non è capace di abbracciare né i tempi nuovi e diversi da come li si immagina, né gli altri nella loro diversità. 
La prontezza predispone alla generosità. Chi non è pronto non è capace di essere generoso né verso le diverse circostanze della vita, né verso il prossimo che può bussare alla porta del nostro cuore.
La prontezza predispone all’attenzione. Chi non è pronto non è capace di essere attento allo scorrere e al mutarsi del tempo, né ai bisogni degli altri.
Anche nella sfera spirituale la prontezza assume un carattere particolarmente evidenziato. La fede dovrebbe abilitare il credente a vivere la dinamica della prontezza. Tanto più che il nostro Dio è un Dio che spesso scombussola i piani. Così come ha fatto con Maria di Nazareth, la quale ad un certo punto della sua vita si trova spiazzata di fronte al progetto grandioso di generare il Figlio di Dio. Ma la donna di Nazareth era già pronta senza alcun preavviso o presentimento. 
A che punto siamo noi con la prontezza?
don Onofrio Farinola

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