COVID-19 Perché «Il quarto voto ci spinge tra i pazienti, in corsia»

Articolo uscito nel N°19 di Famiglia Cristiana 10 maggio 2020

Le Figlie di San Camillo del Vannini di Roma

«Fedeli a quanto chiesto e testimoniato dal nostro fondatore, siamo chiamate a servire chi sta male fino all'estremo sacrificio» ricorda la madre superiora generale Zelia Andrighetti 

Come #camilliane curiamo anche i malati colpiti dal coronavirus, che accogliamo nel nostro ospedale romano con fede, amore e professionalità, e con tutte le nostre forze, sempre disposte a sacrificare il nostro bene più prezioso, la nostra vita». Valori, pensieri e opere di una comunità religiosa femminile da sempre in "missione" nella sanità con proprio personale medico e infermieristico, scesa in campo a Roma anche nella lotta all'emergenza pandemica. 

Sono le Figlie di San Camillo - popolarmente conosciute come suore #camilliane - che, su invito della Regione Lazio, hanno messo a disposizione il loro ospedale, lo storico Madre Giuseppina Vannini di via della Bufalotta*, per accogliere i contagiati dal virus,
predisponendo 56 posti letto, 12 dei quali di terapia Intensi­va, 4 di terapia subintensiva e 40 di ricovero. 
Una scelta di campo spontanea e decisa, dettata anche dal fatto che spiega la madre generale suor Zelia Andrighetti - nel Dna delle #Camilliane, oltre ai tre canonici voti di povertà, obbedienza e castità, «c'è anche la professione di un quarto voto perpetuo che ci impegna a curare i malati non solo con professionalità e competenza, ma anche con tutto il nostro amore, fino a essere disposte a morire per i nostri assistiti sull'esempio di Gesù che muore crocifisso e poi risorge dopo tre giorni per la salvezza dell'umanità, e della Madonna che sul Golgota accoglie il corpo del Figlio tra le sue braccia»

L'inserimento-trasformazione del Vannini nella rete romana organizzata per curare pazienti affetti da Covid-19 è stata velocissima. Sotto la spinta della madre generale Andrighetti, coadiuvata dal direttore generale, la suora peruviana Flor Barreda, affiancata a sua volta dalla dirigente coadiutrice, la dottoressa Tiziana Bianchi, tecnici e maestranze in poco meno di una decina di giorni lavorativi, a cavallo di marzo, hanno trasformato i reparti del complesso ospedaliero, predisponendo 56 posti letto ad hoc per accogliere nel migliore dei modi i pazienti colpiti dal virus, con tutti i presidi sanitari previsti dai protocolli istituzionali, con percorsi blindati e obbligati per evitare eventuali nuovi contagi. 
E, ovviamente, con una équipe medico-sanitaria e infermieristica fortemente motivata, che ha operato giorno e notte, ininterrottamente, sotto il coordinamento della dottoressa Cinzia Sighieri, capo dipartimento Emergenza e Pronto soccorso. 

Una squadra sanitaria tutta al femminile, orgoglio della famiglia camilliana, che con il suo ospedale romano verso la fine di marzo è andata ad affiancare su indicazione della Regione Lazio gli altri nosocomi dell'eccellenza sanitaria cattolica di Roma, come il Policlinico Gemelli, la Clinica Columbus, l'Ospedale Bambino Gesù, impegnati sullo stesso fronte unitamente agli altri grandi ospedali romani, a partire dallo Spallanzani. «Il nostro ospedale», fa sapere la direttrice del Vannini, suor FIor Barreda, «dopo aver prontamente aderito alla richiesta, nel documento pubblicato ufficialmente il 26 marzo scorso, è stato inserito nella rete romana Covid-19 con afferenza all'Hub Policlinico Umberto I, quale ospedale di intervento destinato a gestire i casi più impegnativi». 

Nel Pronto soccorso dell'ospedale è stato anche realizzato un pre-triage che ha permesso la separazione del percorso dei pazienti non sospetti Covid da quello dei sospetti Covid, destinando alla gestione di questi ultimi il locale Obi e quello di Osservazione temporanea. Inoltre, è stato riservato ai casi clinici particolari il posto letto di isolamento presente al piano del Pronto soccorso, dotato di zona filtro e aerazione a pressione negativa.


*NR "di Via Acqua Bullicante"

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