San Giuseppe nella famiglia camilliana 3 giorno

Vi proponiamo per accompagnare la Novena di San Giuseppe, la Tesi di Magistero in Scienze Religiose Indirizzo didattico 

“San Giuseppe nella Teologia e nella vita della Chiesa con particolare riferimento all’ Istituto delle Figlie di San Camillo”

di Suor Eliane Köhler presentata alla Pontificia Università Lateranense Facoltà di teologia Istituto Superiore di Scienze Religiose «Ecclesia Mater» Roma 1997. 

Dal Capitolo III segue....

L'assistenza ai morenti veniva fatta in continuazione. A questo fine Camillo stabilì dei turni con i suoi religiosi per accorrere notte e giorno alle chiamate, donde e da chiunque venissero. Non c'era ora che considerassero inopportuna, o non li trovasse desti15

Al letto dei moribondi egli attendeva «alla carità» con l'impegno, che gli ispiravano la fede e la persuasione di combatter lì la più grande battaglia del tempo e dell'uomo, per l'eternità. I sacramenti - confessione, il viatico, l'olio santo - non erano tutto. Se il primo e maggior impegno era il facilitare e assicurare all'infermo la tempestiva amministrazione e più ancora la devota disposizione a riceverli, cominciava proprio allora, dopo il fedele adempimento di tale dovere, l'attenta cura di custodire e innalzare al massimo il beneficio ottenuto; far in modo che il poco tempo che rimaneva assicurasse al morente il maggior acquisto per la vita eterna16.

Non tutti i morenti che Camillo o i suoi erano chiamati ad assistere si davano conto della grazia che Dio concedeva loro. Alcuni non si mostravano affatto disposti a riceverla; altri stavano fermi a respingerla. Camillo, sempre fiducioso, ricorreva a tutte le industrie della carità, dalle amabili alle suadenti, alle decise e in caso estremo alle imperiose, memore del «spingeteli ad entrare» (Le 14, 23). 

Ricordava e insegnava ai suoi Religiosi innanzitutto di non meravigliarsi di nulla; a non ceder mai all'impazienza; e specialmente a saper attendere. Sempre e in ogni caso il loro programma e il segreto d'ogni loro vittoria sarebbe stato: «alla carità con la carità»17

La conclusione per Camillo era una sola: vegliare, pregare, amare, credere, come se la vittoria fosse in poter suo e dei suoi. L'istanza maggiore restava il ricorso alla preghiera e all'aiuto della Madonna. Preferiva pregare che far pregare, pur rompendo a tratti il sereno silenzio con sommesse devote invocazioni: più spesso suggerendo i soli nomi di Gesù e di Maria, alternandoli con ardente giaculatorie e suppliche al preziosissimo Sangue e alle piaghe del crocifisso, che teneva a portata di mano e dava spesso a baciare, aspergendo l'infermo con l'acqua santa. Le preghiere preferite da Camillo, quando il tempo lo consentiva, erano le litanie della Madonna, la lettura della Passione del Signore, le proteste di fede. Quest'ultimo pio esercizio comprendeva gli atti di fede, speranza, amor di Dio e del prossimo; fervide invocazioni alla Madonna, all'arcangelo san Michele, all'Angelo custode, ai santi Patroni; e si concludeva con un solenne atto di accettazione della morte18

A trecento anni e più dalla morte di Camillo, Pio XI, vedendo attorno a sé un gruppo di Ministri degli Infermi, pensando forse l'ora sua non più lontana, sospirò: «Beati quelli che muoiono assistiti dai Ministri degli Infermi»19

Questa beatitudine, salita così in alto e spinta tanto avanti nella storia, era uscita dalle labbra del popolo, quasi voce di Dio. In diversi luoghi d'Italia, come poi in Spagna e in America latina, i Ministri degli Infermi ebbero dai fedeli un nome, consono alla realtà e bontà del loro apostolato. A Bologna, a Piacenza e altrove furono chiamati: Padri della Buona Morte; a Firenze e in Toscana: Padri del Bel Morire. Che la carità possa render buono non solo, ma bello il morire quando tutti lo temono, e per comune istinto lo hanno in orrore, è miracolo che trascende la storia, nel punto stesso in cui entra a conquistarla20.

Assistendo i moribondi nelle case private, dopo aver chiusi loro gli occhi e recitate le ultime preci, Camillo faceva considerare ai presenti la dura realtà della morte e delle sue conseguenze. La sua parola, con quel cadavere sotto gli occhi era di un'efficacia impressionante. Quanto a sé, il salutare pensiero della morte e del giudizio l'accompagnò sempre e il timore dell'una e dell'altro fu superato dalla fiducia nella divina promessa che i misericordiosi troveranno misericordia. Spesso, in vita, si era augurato: «O me beato, se potrò essere accompagnato al tribunale di Dio da una lacrima, da un sospiro, da una benedizione di questi poverelli infermi»21Camillo, perciò, non perdeva mai la predica sul giudizio finale del primo lunedì di Quaresima. Diceva ai suoi religiosi: 

«”Padri e fratelli miei, andiamo tutti a sentire il premio che Iddio promette ai suoi Religiosi particolarmente ai Ministri degli Infermi"; "Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero infermo e siete venuti a visitarmi ... nudo e mi avete vestito ... "» (Mt 25)22

👉continua domani

15 Cfr. Ibidem, p. 210. 
16 Cfr. Ibidem, p. 212. 
17 VANTI M., San Camillo de Lellis e i suoi Ministri degli Infermi ... , p. 214. 
18 Cfr. Ibidem, p. 218. 
19Ibidem, p. 221. 
20 Cfr. Ibidem, p. 221. 
21 VANTI M, Lo spirito di san Camillo ... , p. 215. 
22 Ibidem, p. 215. Il primo a ricevere quel «premio», secondo Pio XI, sarà san Giuseppe, «Padre della grande carità», come venne da lui definito. «Insieme a Maria, la particolarità di san Giuseppe sarà, in quell'ultimo giorno, di non dire nulla, di non rispondere, di non replicare, interrogando, alla costatazione suprema del Giudice divino. Giacché quando il Signore dirà la grande spiegazione dell'eterno premio dei giusti, unico, tra questi, san Giuseppe non risponderà con espressione di meraviglia. E' stato molto bene pensato e detto che, in mezzo a tutto quel generale stupore, uno solo non rimarrà affatto meravigliato: San Giuseppe, il quale si troverà nella verità vissuta ed esperimentata. San Giuseppe alle affermazioni del Figlio di Dio, allorché il Signore gli ricorderà che aveva avuto fame e gli aveva dato da mangiare, aveva avuto sete e lo aveva dissetato, era spoglio e -Io aveva rivestito, risponderà: 'E' vero, o Signore; è tutto vero'» (STRAMARE T., Gesù lo chiamò padre ... , p. 60). 





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