La seconda colletta della Messa di questa quinta domenica di Pasqua, racchiudendo tutto il senso dell’odierna liturgia della Parola, ci fa pregare così: “O Dio, che nel Cristo tuo Figlio rinnovi gli uomini e le cose, fa' che accogliamo come statuto della nostra vita il comandamento della carità, per amare te e i fratelli come tu ci ami, e così manifestare al mondo la forza rinnovatrice del tuo Spirito”.
Si parla di “uno statuto” per la nostra vita cristiana. Si tratta di quel “famoso” comandamento che Gesù ordina ai suoi discepoli: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Generalmente Gesù non ha mai emanato statuti o ordini, ma su una cosa è stato categorico: sulla carità. Questo comandamento è un imperativo morale. Potremmo affermare che “morale della favola” per noi credenti in Cristo è la carità, sostenendo così che è il fondamento, la base, la fonte e l’apice.

È una sfida che Gesù ci lancia. Sa bene che non siamo costanti nel vivere la dimensione caritativa, ma oggi affidandoci il “comandamento nuovo”, ci invita a rafforzare la carità, a farne un elemento costitutivo per la nostra esistenza, un punto di forza per la nostra fede.
Mai come oggi la carità è una sfida per credenti e non credenti. In un contesto sociale, culturale e religioso come quello odierno, dove si è chiamati a concretizzare la dimensione dell’accoglienza e dell’integrazione, la carità deve sprigionarsi da tutti i pori della nostra esistenza umana e, per noi cristiani, della fede.
Onofrio Antonio Farinola
Sacerdote Cappuccino.
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