“Dio ha tanto amato il mondo, da dare il Figlio unigenito”.
Non so a voi, ma a me quel “ha tanto amato il mondo” suscita un particolare riverbero sensazionale nell’animo. È quell’avverbio “tanto” a fare la differenza, a generare un riverbero sensazionale. È un’espressione che troviamo oggi nella pagina del Vangelo di Giovanni, il quale desidera farci comprendere fino a che punto Dio si è spinto nei nostri confronti, in termini di amore. C’è un eccesso di amore, “tanto” da farci dono non di una cosa, di un regalo qualunque, ma di una Persona, del suo Figlio. Lo ha messo nelle mani dell’uomo, “tanto” da maltrattarlo con la crocifissione.
Se per Dio quel “tanto” esprime un eccesso di amore, per l’uomo quello stesso avverbio esprime non di rado un eccesso di indifferenza, ossia un difetto di amore.
Dobbiamo ridare alla nostra coscienza umana e spirituale il gusto di saper pronunciare la parola “tanto” per esprimere anche noi l’eccesso di amore per Dio e per il prossimo.
A ben pensarci, forse oggi è quasi sparito dal nostro vocabolario l’avverbio “tanto”. O se lo si pronuncia non se ne da il giusto peso. Perché quella parola indica totalità, completezza, pienezza. Appunto, eccesso.
Se ne avete la possibilità, provate a sfogliare la pagina della prima lettura e quella della seconda che la liturgia della Parola ci propone per questa quarta domenica di Quaresima.
Nella prima lettura, il Secondo Libro delle Cronache (36,14-16.19-23), troviamo queste parole: “Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri per ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora”.
Nella seconda lettura, la Lettera di San Paolo agli Efesini (2,4-10), c’è scritto: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siamo stati salvati”.
Premura, compassione, ricco di misericordia, amato, grazia, salvati … Vi sembra poco?
In molti c’è anche l’idea di un Dio severo, punitivo, esigente, burbero, accusatore. E questa idea non permetterà mai di fare l’esperienza di un Dio invece premuroso, tenero, attento, compassionevole, amorevole. Eccessivamente amorevole!
Se c’è ancora un’idea negativa, è forse perché i cristiani non sono proprio eccessivamente amorevoli. C’è bisogno di una rivoluzione della tenerezza e della compassione, dell’amore e della misericordia! A partire dal nostro vissuto quotidiano, dalla vita di ogni giorno. E impariamo non solo ad usare di più l’avverbio “tanto” per dire quanto amore e quanta tenerezza, o quanta compassione e quanta passione, ci mettiamo nel fare il bene, ma soprattutto ad esprimere quel “tanto” con le nostre azioni d’amore, con le nostre attenzioni, con la nostra vicinanza, con il nostro sorriso, con il nostro impegno a favore del prossimo più bisognoso. È scoppierà la risurrezione!
don Onofrio Farinola
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