Seconda Domenica di Pasqua Domenica della Divina Misericordia

La chiesa nasce per essere comunità e non istituzione
E sarà davvero Pasqua!

Il periodo postpasquale per i cristiani dovrebbe essere quello preferito. Non per altro, ma la liturgia che segue la domenica di Pasqua è un excursus storico-spirituale che racconta la nascita della comunità cristiana. Infatti tutta la liturgia della Parola ruota attorno alla lettura del libro degli Atti degli Apostoli. 
Gesù ha camminato per le strade polverose della storia immergendosi nello spazio e nel tempo di ciascun uomo, è stato ingiustamente condannato, poi crocifisso e ora è risorto. La comunità dei discepoli è inizialmente smarrita, incerta, dubbiosa, titubante. Come dare forma alla parola e agli insegnamenti del Maestro di Nazareth? Come continuare a portare avanti il progetto d’amore di Dio? In che modo trasmettere la bellezza del messaggio del Nazareno in modo incisivo? Come reagire di fronte alle persecuzioni che le comunità cristiane stanno subendo proprio a causa di Gesù di Nazareth? 
Queste domande cominciano ad affollare la mente dei primi cristiani. Dunque, si tratta di cominciare ad ideare un progetto che porti avanti il messaggio evangelico da lui proposto. Ecco la nascita della comunità cristiana. E da dove partire 
La prima parola è “condivisione”. Intanto i primi credenti in Cristo cominciano a stare insieme, a condividere il frutto del proprio lavoro, a pregare insieme, a condividere i pasti, a ritrovarsi per dialogare. “Stare insieme”, questo è l’incipit che caratterizza la comunità cristiana di Gerusalemme dopo l’evento di Gesù di Nazareth. 
Mi piace puntualizzare in questa riflessione condivisa, all’indomani dell’evento pasquale, la dimensione storica della Chiesa che, più che Chiesa, dovremmo cominciare a parlare di più di “comunità”. Purtroppo il termine “Chiesa” ha assunto più un’idea di istituzione che una realtà comunitaria. La Chiesa nasce per essere comunità e non istituzione.
La Chiesa oggi nella mentalità comune è una istituzione, una realtà culturale fatta di principi e norme che la regolano, una cassaforte di regole morali intoccabili, una fortezza di norme canoniche che la irrigidiscono, e che purtroppo non ha più niente da offrire. 
La Chiesa è tutt’altro che tutto questo! È una comunità di uomini e donne che condividono passo passo la bellezza di un Vangelo che si incarna nella storia di ciascuno. 
La realtà purtroppo spesso corrisponde a ciò che i più pensano. Pensiamo un attimo alle parrocchie, che più che luoghi di viva e sincera comunione, diventano aziende di carriere senza sbocchi né ecclesiali né sociali; più che palestre di preghiera, diventano camere dove si consuma il gas della noia e della ripetitività liturgica senza renderla creativa, motivata e interattiva; più che focolai di condivisione e di convivialità, si trasformano in recinti ristretti e delimitati dai fili spinati di pochi che fanno quadrato attorno al parroco, senza permettere alla maggior parte di avvicinarsi e di partecipare attivamente al bene comunitario; più che botteghe dove si fabbricano ali per spiccare nuovi voli, si trasformano in magazzini per trincerarsi in modo egoistico, senza lasciar spazio a nessuno; più che scuole di vita, finiscono per diventare scuole di morte, atrofizzando l’anima e il cuore dei pochi che le frequentano; più che laboratori di cultura e di formazione generale, si (s)qualificano come bunker di ignoranza imperante e di bigottismo infondato; più che spazi aperti all’accoglienza e all’integrazione, si identificano come camere ardenti per quelli che da una vita fanno di tutto e di più, sentendosi quasi in dovere di dare ordini e imporre la propria linea pure al parroco o a chi desidera offrire umilmente e sinceramente il proprio contributo; più che case col tetto scoperchiato per respirare l’aria nuova della primavera pasquale, diventano roccaforti asfissiate per difendere sistemi antiquati e inadatti ai tempi; più che casse comuni per sostenere i bisogni di tutti, diventano casseforti per difendere i bisogni personali di pochi. 
E così per la Chiesa è la sua fine! E poi ci si lamenta che nessuno più si avvicina, che i giovani si allontano, che le Messe si svuotano sempre più le domeniche. 
È necessario oggi recuperare il valore intrinseco della comunione perché la Chiesa riscopra la sua freschezza pasquale, la sua innata vitalità spirituale, la sua creatività generativa. Cominciamo dal nostro linguaggio, mutando la parola “Chiesa” in “Comunità”, e forse qualcosa potrà cominciare a cambiare. 

La liturgia della Parola di oggi non ci parla di misericordia, sebbene la misericordia resti il cuore del messaggio del Risorto. Tutt’al più ci parla di pace donata da Gesù ai suoi discepoli impauriti. Ci parla fondamentalmente di discepoli riuniti, di cristiani radunati, di uomini e donne che si ritrovano insieme. Insomma, ci parla di comunione, l’unico valore da difendere a denti stretti per una rigenerazione ecclesiale oggi. E molti forse cominceranno a ricredersi, ad innamorarsi della “vera” Chiesa, a riscoprire il suo volto genuino e ringiovanito. E sarà davvero Pasqua! 
don Onofrio Orinola

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