La missione camilliana delle Figlie di San Camillo nel tempo di malattie infettive

Cremona colpita dalla malattia infettiva

Nel marzo del 1903, qualche caso di vaiolo indusse il Municipio della città di Cremona ad aprire un Lazzaretto per raccogliervi gli ammalati, tanto più che a giudicare dal primo assalto, il morbo doveva essere micidiale e minacciava di diffondersi non poco. 
All'assistenza dei poveri infermi colpiti dal contagio furono chiamate le Figlie di S. Camillo. Il giorno in cui arrivò la domanda formale del Municipio, fu giorno di esultanza per tutta la casa e le Suore sì disputarono tosto l'onore di essere scelte da entrare in quel terreno tanto pericoloso, ma così fecondo di meriti. 

Si cominciò coll'inviarne tre sole, disposta la Superiora ad aumentare il numero, qualora l'avesse richiesto il maggior bisogno. Le tre prescelte, entrarono giulive come se fossero state chiamate ad un banchetto di nozze: vi rimasero quattro mesi prestando l'opera loro con vero spirito di abnegazione e di sacrificio. In tutto questo tempo furono prive delta S. Messa ed ebbero la Comunione una volta sola. Aggravatasi dopo qualche tempo una povera donna venne chiamato il sacerdote ad amministrarle i sacramenti e le pie Suore approfittarono dell'occasione per fare la Comunione. Fu un giorno di festa. Il numero degli ammalati arrivò fino a ventuno. Le Suore si occuparono solo del reparto delle donne; per gli uomini, i figli di S. Camillo già conosciuti in Cremona, mandarono un loro Religioso il quale mostrò tanta carità che edificò tutti. 
Scomparsa l'epidemia ritornarono a casa, sane e salve, senza che, neppure un po' di mal di capo, fosse venuto a dar noie a quelle anime semplici ed eroiche, che si erano esposte al pericolo di morte, non solo con rassegnazione, ma con gioia e con entusiasmo. 

Madre Vannini in questo periodo di tempo venne a Cremona e quando seppe dello spirito di abnegazione e di sacrificio col quale le sue Figlie erano entrate in quel campo di morte, benedisse il buon Dio che le aveva dato delle anime così generose. La Madre desiderò di vederle per dir loro una parola di conforto, per animarle a compiere la santa missione di carità, con zelo e con amore. Ma, come era naturale, l'accesso al Lazzaretto le fu proibito. Lei però progettò un disegno, quale poteva trovare solo il cuore di una Madre. Telefonò loro di affacciarsi dalla parte del giardino in giorno ed in un'ora stabilita: Essa sarebbe passata di là ed avrebbe avuto il piacere di vederle e di mandare loro il suo saluto e la sua benedizione. La cosa fu combinata così bene che riuscì a meraviglia. La Madre, nel giorno e nell'ora determinata, poté da relativa distanza, vedere le amatissime Figlie, e questa vista, fu di alta consolazione da ambe le parti. 
L'affetto materno, nota qui, la relazione che abbiamo tra le mani, l'affetto materno, arriva a tutto: la nostra venerata Madre studiava tutti i mezzi possibili per far contente le sue Figlie. 
Fu consolata assai nel sentire che si trovavano soddisfatte e si mostravano zelanti, ed infervorate di carità, disposte a rimanere anche un tempo più lungo là dentro racchiuse, per amore di Dio e dei poveri infermi. 


Il Municipio di Cremona, con due lettere manifestò la sua ammirazione, la sua soddisfazione per l'opera prestata dalle Suore in questa occasione. Scriveva alla Superiora: « Questa Amministrazione Comunale è assai grata a codesto sodalizio ed alla S. V. ill.ma, per aver aderito a prestare l'assistenza infermiera, col mezzo di due Suore camilliane all'inferma di vaiolo Ferrari Elvira, testé ricoverata – questo Lazzaretto comunale. L'atto altamente caritatevole acquista la maggior considerazione e la riconoscenza di questa Giunta Municipale, la quale deve ora ottenere che sia assicurata all'inferma l'assistenza delle Suore fino a completa guarigione, e deve provvedere perché siano corrisposti i compensi e le indennità necessariamente dovute per tale assistenza. Mentre pertanto non potrà cessare il debito di riconoscenza di questo Comune verso codesto sodalizio, l'Amministrazione Comunale prega la S. V. onoratissima a voler consentire che l'assistenza delle due Suore all'inferma Ferrari, sia continuata ed a volere inoltre indicare le norme colle quali le indennità dovute ed i come pensi da corrispondersi, potranno essere opportunamente determinati e soddisfatti. Col maggior rispetto. Il Sindaco Sacchi ». 

Questa lettera era del 12 Marzo 1903. La Superiora rispondeva al Sindaco ringraziando; e quanto al compenso esibito, faceva notare, che l'assistenza agl'infermi era gratuita conforme alle Regole dell'Istituto; però soggiungeva, che essendo le Suore assai povere avrebbero accettato qualunque offerta avesse il Municipio voluto fare; il Sindaco inviava alla Casa religiosa, quanto in una seduta consigliare s'era generosamente stabilito. 

Si sperava che il caso non avesse seguito ed invece il male lentamente si, ma persistentemente continuava a colpire or qua or là, ed il 30 Marzo lo stesso Sindaco Sacchi scriveva nuovamente, per incarico della Giunta, alla Superiora della Casa di Cremona, la seguente lettera: « Questa Giunta Municipale penetrata dai nobili sentimenti espressi dalla S. V. R.ma mi ha affidato l'incarico ben accetto di testimoniare a Lei il proprio gradimento e la propria ammirazione per lo spirito di sacrificio e di abnegazione col quale anche in questa dolorosa circostanza d'un nuovo sviluppo di malattia infettiva nella città, le Figlie di S. Camillo tanto compiacentemente si prestarono all’assistenza dei ricoverati nel Lazzaretto Comunale. Nutro fiducia, che con le provvide ed indefesse cure sarà presto scongiurato ogni maggior pericolo e liberata la cittadinanza dai timori che ora la preoccupa, e la Giunta sarà ben lieta di poter testimoniare anche codesto sodalizio la propria gratitudine per l’efficace e benefica cooperazione sua, nel combattere la temuta infezione » [...]

pag. 254 -257
Dal Libro Madre Giuseppina Vannini Fondatrice delle Figlie di San Camillo
La sua vita e la sua Opera
Padre Giovanni Sandigliano dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi 


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