Settembre Mese dedicato al Beato Padre Luigi Tezza Ultimo giorno

30 settembre

Ogni giorno abbiamo pubblicato parte della Tesi di Magistero in Scienze Religiose indirizzo catechetico La virtù della carità in Padre Luigi Tezza di Suor Haida Echevarria Schmidt. 

Grazie per avere seguito in questo mese lo scritto sul padre Luigi Tezza e la virtù della carità. Preghiamo insieme per la sua pronta canonizzazione!


continua di ieri pag. 79-85

Padre Tezza poi insiste sulla necessità che non venga meno «la santa e dolcissima carità di Gesù. Abbiamo tanto bisogno che Gesù sia con noi! Il solo mezzo di legarcelo è quello di mantenerci nel fervore della carità». Abbiamo bisogno che Gesù sia presente con il suo Spirito perché è lui che rende capace di operare la carità:"Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo [ ...] Rimanete in me ed io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimante in me. lo sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" (Gv 15, 1-5). Vivificata dall'amore la comunità si ritrova unita attorno a Gesù, e dal Figlio l'amore si effonde sui discepoli. La condizione perché ciò si mantenga è che i discepoli di Gesù restino nel suo amore mediante il vincolo della carità. La vite e il tralcio sono una cosa sola, vi circola la stessa vita; i frutti che producono i cristiani sono frutti prodotti da Cristo che vive in loro, per cui abbiamo bisogno che Egli sia con noi. Sappiamo che molteplici sono i modi della presenza di Cristo. Nell'Eucaristia c'è la presenza reale di Gesù per antonomasia, anche nell'assemblea, nella Parola di Dio, nei Sacramenti, nei suoi Ministri, così come nei suoi discepoli riuniti nella comunità dove Egli è presente in persona, sia pure in forma misteriosa e spirituale.

Un'altra condizione indispensabile perché Gesù sia il centro è quella di cercare « di far sempre regnare la più dolce e fratellevole carità fra di voi altre, affinché nostro Signore faccia sempre il quinto con voi quattro: allora sarò certo che tutto andrà benissimo». La carità deve diventare disposizione abituale dell'anima che rende idoneo ad agire bene, idoneo ad amare secondo la legge e la grazia del Vangelo «perché il fratello è la possibilità concreta e la necessità insondabile per vivere il comandamento dell'amore reciproco [ ... ]; il fratello è la possibilità di attingere la presenza di Cristo tra noi». 

La carità si fonda sulla fede e la rende fruttuosa, ''fede che opera per mezzo della carità" (GaI 5, 6), «per carità tenetevi unite al Signore, operate in ogni cosa con spirito di fede.  La fede è il
fondamento della vita cristiana perché è con la fede che si accoglie la salvezza donata da Cristo e si aderisce a Lui. 

Nell'unità dei fratelli il Signore si fa nuovamente presente, comunica il suo Spirito e la Sua Parola parla ancora, si rende comprensibile e concretizzabile» L'orizzonte verticale e orizzontale dell' amore sono indissolubilmente insieme nel pensiero di Padre Tezza, ardente per Dio e per il prossimo, esplicitandolo tramite la necessità di stare «intimamente unite nel Signore sia con la preghiera, sia col servirlo col massimo fervore, con la più grande e costante fedeltà religiosa, e con generosa e filiale accettazione della sua santissima volontà». Infatti: «tutta la vita religiosa dei membri sia compenetrata di spirito apostolico, e tutta l'azione apostolica sia animata da spirito religioso. Affinché i religiosi corrispondano in primo luogo alla loro vocazione che li chiama a seguire Cristo e servano Cristo nelle sue membra bisogna che la loro azione apostolica si svolga in intima unione con Lui. Con ciò viene alimentata la carità stessa verso Dio e verso gli uomini» (PC 8). 

Le regole della carità 

Nella modalità e attuazione di questo ideale possono esistere delle deviazioni. Quando San Paolo scrive ai romani "la carità sia senza finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene" (Rm 12, 9) è consapevole che per fino la più grande delle virtù può essere travisata, mascherata. Perché la carità sia senza finzioni o senza ipocrisia, deve sempre cercare il bene e fuggire ogni forma di male; in altre parole anche per esercitare la carità è necessario il debito discernimento, come invita lo stesso Paolo: "esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male" (l Ts 5, 21-22). 

Padre Tezza ci propone dei criteri che permettono un miglior discernimento delle nostre intenzioni e una migliore valutazione delle nostre azioni. 
Il primo criterio che ci propone è sopportare: «il saper sopportare a vicenda i propri difetti, il sopportamento tanto necessario in comunità che diviene quasi indispensabile al buon andamento di essa per cui si evitano tante mancanze, tante offese a Dio». Infatti nella prospettiva della fede, quando si manca di carità col prossimo è Dio che si offende perché in ogni uomo c'è l'immagine di Dio. Questo primo criterio è quello della concretezza. La carità non va esercitata verso un 'umanità astratta ma verso un individuo concreto, vicino o in qualche modo raggiungibile: «proprio perché costituito da Dio con dignità di persona umana, redento dalla carità di Cristo e chiamato alla libertà della gloria dei figli di Dio, ogni uomo è meritevole di carità fraterna. «Quando sentiamo in noi impazienza per certi difetti naturali, morali di qualche sorella pensiamo un poco di quanta pazienza non avrà bisogno essa per sopportare le nostre imperfezioni [ ... ]. Per esempio trovandosi in ufficio con una che poco si confà al proprio genio, usare pazienza, benevolenza, poiché allora è tempo di esercitare la carità». 

Il secondo criterio è quello della generosità intuitiva: «non rifiutare nulla quando vediamo che hanno bisogno di qualche cosa, cerchiamo di prevenire con le nostre attenzioni ed aiuti, e consolarle se afflitte, consigliarle se dubbiose e incitarle al bene.184  Bisogna avere sempre di mira la carità che noi dobbiamo avere verso gli altri e non quello che gli altri devono avere verso di noi. La carità "non cerca le cose sue" Gesù stesso lo propone quando formula la così detta «regola d'oro»: "tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo agli altri" (Mt 7, 12). Dice appunto fatelo agli altri non esigetelo dagli altri. Ognuno secondo la propria condizione è chiamato ad essere nei confronti degli altri ciò che secondo la legge della carità gli richiede.

Il terzo criterio è la corresponsabilità amorevole dell'altro: «avere cura l'una dell'altra per crescere tutte nella perfezione. Gesù stesso ha prediletto questa virtù fra tutte, e san Giovanni che dormendo sul petto del Divino Maestro, tante belle cose aveva appreso, altra virtù non inculcava ai suoi discepoli con tanto ardore quanto questa che è la prima di tutte e quindi assai grande il merito che ci possiamo acquistare con l'esercizio della carità». Un merito questo, che non va inteso come diritto componente della giustizia commutativa romana, ma come dono e grazia, componente della giustizia di Dio e sinonimo della Sua fedeltà alle Sue promesse. L'azione meritoria è formalmente grazia, dono di Dio. Siccome il merito o la ricompensa che Dio dà è qualcosa di soprannaturale, per ottenerlo non è sufficiente un'azione umana puramente naturale, ma occorre la presenza della grazia santificante e della carità. La carità vuole e cerca sempre il bene del prossimo. Il concetto di bene vero, va concepito secondo la luce che viene da Dio, il quale vuole il bene della sua creatura; è un bene a livello veramente umano, ossia un bene degno della vocazione dell'uomo: «per crescere tutti nella perfezione». Non sarebbe un atto di carità, perciò, aiutare gli altri a coltivare i loro vizi, il loro modo disordinato di vivere. Questo criterio è particolarmente necessario in tempi come il nostro dove la concezione materialista ed edonista della vita potrebbe indurre sotto l'agire di una apparente carità a favorire quello che in realtà deturpa la dignità dell 'uomo, lo getta o lo lascia in una condizione di peccato, di OZIO di parassitismo. Quindi perché ognuno cresca è necessario reagire attraverso una positiva correzione fraterna come anche ci esorta Gesù: "se il tuo fratello commette una colpa va e ammoniscilo ... " (Mt 18, 15). Rimane a ognuno di noi il difficile compito di discernere ciò che è bene fare a favore e a cura del prossimo (Cf. VS 72). 

Sant'Agostino afferma che solo la carità permette di discernere, davanti a varie situazioni, l'atteggiamento da assumere: «si possono fare molte cose che sembrano buone e non provengono dalla radice della carità. Anche le spine hanno fiori: alcune cose sembrano aspre, dure ma sono dettate dalla carità per correzione. Una volta per sempre ti viene dato un breve precetto. Ama e fa quello che vuoi. Se taci, taci per amore; se gridi, grida per amore; se correggi, correggi per amore; se perdoni, perdoni per amore, vi sia dentro la radice dell'amore: da questa radice non può venire fuori che bene. Il problema è solo di amare di vero cuore certi che l'amore vero suggerisce la soluzione giusta. 

Padre Tezza ne propone alcune: «è buona cosa proporsi al mattino di non lasciare passare la giornata senza fare una elemosina spirituale, quale sarebbe una parola di conforto, un buon esempio, un avviso, un consiglio evitando che ricevano dispiaceri sia da noi o da altri, procurando di indovinare i loro desideri, non rifiutando nulla di ciò che verranno a chiederei, insomma usare con tutte ogni delicatezza, anche quando siamo trattati sgarbatamente. In una parola amatevi gli uni gli altri e scambievolmente». [...]





In settimana pubblicheremmo il testo integrale della Tesi in PDF, ancora grazie per la vostra partecipazione e preghiera!



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