Ottobre Mese dedicato a Santa Giuseppina Vannini

Mese di ottobre: mese di Maria, mese missionario e mese in onore di Santa Giuseppina Vannini; un mese caro e speciale per noi Figlie di San Camillo e tutta la famiglia camilliana.

Durante questo mese ci lasciamo guidare dall'elaborato "Giuseppina Vannini Il carisma di fondatrice" presentato come tesi per conseguire il grado accademico di Magistero in Scienze Religiose di Suor Maria Herminia Dieguez nell'anno 1990.


A partire dai

Cenni biografici 

Giuditta Vannini nacque in Roma il 7 luglio 1859 da Angelo e da Annunziata Papi, secondogenita di tre figli, dopo Giulia e prima di Augusto. Il giorno seguente fu battezzata nella Chiesa parrocchiale di Sant'Andrea delle Fratte, coi nomi di Giuditta Adelaide Agata; madrina fu la sorella della madre, Anna Maria Papi. I documenti e le notizie relativi alla famiglia, all'infanzia e alla giovinezza di Giuditta sono scarsi e generici. Si sa che il padre era nato in Toscana, mentre la madre era romana, e che nel periodo 1859-1861 abitavano a Roma, Via Propaganda n. 6. 

Giuditta aveva appena quattro anni quando il padre morì ad Ariccia, ridente cittadina laziale, dove abitava con la famiglia a servizio di un nobile che ivi possedeva una villa. La vedova con i tre figli ritornò a Roma, per assicurare loro una buona educazione, e abitò nel rione di San Carlo ai Catinari. Per accudire meglio alla crescita dei figli, nel 1865 Annunziata passò a seconde nozze con Gaetano Fantini. La ricostruzione del focolare, però, non durò a lungo; «la povera mamma [scrive Augusto Vannini] morì nel 1866, credo di infiammazione intestinale». 

Morta anche la mamma, i tre orfani vennero separati: Giulia fu accolta a Roma dalle Suore Giuseppine, presso il Foro; Augusto, prima fu ospitato dalla famiglia dello zio materno Gioacchino Papi, e poi nel 1870 fu accolto nell'Istituto Professionale San Michele. 

Giuditta fu ammessa al Conservatorio «Torlonia» (Salita Sant'Onofrio) dove si dava alle giovani «una cristiana educazione e abilitazione ai lavori donneschi». A quattordici anni, il 19 marzo 1873, festa di S. Giuseppe, Giuditta ricevette i sacramenti della Prima Comunione e della Cresima. Quel giorno segna l'inizio del suo cammino spirituale. Due anni dopo, nel 1875, si iscrisse all' Associazione delle Figlie di Maria Immacolata. Da quel momento percepì distinta la chiamata alla vita religiosa, ideale dal quale nessuno in seguito poté distoglierla. Giuditta trascorse la seconda infanzia e la prima giovinezza nel Conservatorio «Torlonia»; fu uno dei momenti più incisivi nella formazione del proprio «io» profondo e della sua personalità. Educata all'assiduità della preghiera e del lavoro, crebbe virtuosa dimostrando particolare inclinazione nella carità verso i poveri. 

Tratti spirituali e ricerca della vocazione 

Le testimonianze delle sue compagne di orfanotrofio, della Direttrice e del fratello Augusto, se «sono insufficienti per una integrale ricostruzione del temperamento, carattere e comportamento della bambina e giovane Vannini», ci aiutano però a delinearne a grandi tratti la figura. Giuditta si presenta come una ragazza docile, paziente, mite, sensibile, impegnata nel lavoro, pia, raccolta, paziente nella sofferenza: «né mai si vide in lei quel cipiglio di chi si trova innanzi a un'impressione dolorosa». 

Nel 1879, manifestò la decisione di consacrarsi al Signore e chiese di entrare tra le Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli. La Superiora del Conservatorio «Torlonia» decise di farle fare un'esperienza come maestra presso l'asilo del Conservatorio stesso. La prova riuscì bene, e così il 3 marzo 1883 - circa quattro anni dopo la richiesta - Giuditta fu ammessa come postulante nella Casa Centrale delle Figlie della Carità, a Siena. Ma appena sei settimane dopo, la postulante fu rimandata in famiglia per un supplemento di prova. Secondo la responsabile delle Figlie della Carità, sr. Boucly, le ragioni di questo ritorno in famiglia erano: «motivi di salute»; sr. Vincenza Cioli nella sua testimonianza non fornisce notizie più dettagliate e chiare. 

L'anno di prova trascorse nell'attesa e nella fedeltà ai doveri della vita religiosa propria delle Figlie della Carità; intanto Giuditta lavorava come ricamatrice per rendersi economicamente indipendente. 

Il 1° marzo 1884 ritornò a Siena e fu riammessa in vocatione; ricevette l'abito religioso entrando nel noviziato il 6 marzo. Secondo la consuetudine dell'Istituto, fu inviata nelle case del medesimo come maestra d'asilo prima a Montenero (Livorno), quindi a Bracciano. Qui rimase fino al momento in cui doveva aggregarsi per sempre alla comunità con l'emissione dei voti religiosi. Ma, il 25 giugno 1888, veniva dimessa dalle Figlie della Carità per motivi di salute. 

Fino a questo momento dunque non vi erano stati per la Vannini che sofferenze, umiliazioni e prove. Non avrà il Signore altri disegni su di lei? Si dovrà convenire con quanto diceva la sua antica direttrice del «Torlonia», suor Vincenza Cioli, che Giuditta così doveva venir provata nel crogiolo dell'umiliazione proprio come l'oro viene provato nel fuoco?. 

«Abbattuta, afflitta» ma con grande fiducia nel Signore, la giovane si pose interamente sotto la guida spirituale del P. Angelo Mondini, prete della Missione di S. Vincenzo de' Paoli. Quali i pensieri e le prospettive per Giuditta? In lei una sola cosa era chiara: voleva essere tutta di Dio nella vita religiosa. Uno solo era il suo dolore: non poter realizzare quest'aspirazione: «Mi sembrava - così lei stessa - che sarei stata un'infelice per tutta la vita, non potendo essere Vincenzina». 

La giovane non si rassegnava a rimanere lontana dalle Figlie della Carità - «le sue suore» - e perciò cercava in tutte le maniere un'occupazione in qualche loro opera. Nel 1889 la troviamo «maestrina secolare di lavori» a Portici, in provincia di Napoli, presso una scuola delle Figlie della Carità. 

Ma nel 1891, ormai trentaduenne, Giuditta lasciò di sua iniziativa la scuola di Portici e tornò a Roma. Aveva appreso dal Vangelo che «chi perde la propria vita, la salverà» ed era decisa a seguire Cristo a qualunque costo: «lo la vidi ... [testimonia suor Vincenza Cioli] bere il calice amaro del dolore, ma fidente in Dio e risoluta di servirlo fino a morire». 

Intanto però rimaneva in attesa che il disegno di Dio si rivelasse, realizzando l'esortazione di Paolo: «Siate liete nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rom 12,12), per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno (Eb 4,16). 

continua....

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