25 ottobre
Durante questo mese ci lasciamo guidare dall'elaborato "Giuseppina Vannini Il carisma di fondatrice" presentato come tesi per conseguire il grado accademico di Magistero in Scienze Religiose di Suor Maria Herminia Dieguez nell'anno 1990.
Le prime compagne, coloro che hanno vissuto con lei in un’intimità particolare, quotidiana, hanno avuto la possibilità di nutrirsi del suo spirito, di assistere da vicino al modo e alle motivazioni con cui risolveva le prime difficoltà del tutto impreviste nei primi anni della fondazione, soprattutto quando P. Tezza era lontano; di cogliere quello che in lei vi era di peculiare, «di genuina novità per la vita spirituale della Chiesa».
La Vannini appartiene al gruppo delle persone non dotte né sapienti; peraltro sa essere Madre, sa correggere, sa esprimere come vuole che siano le figlie; afferma una delle prime di loro: «Nei rapporti con le sorelle di religione usava molta umiltà, correggeva quando era necessario anche le piccole mancanze, ma cercava poi di mitigare l'effetto della correzione se si accorgeva che era stata forte"; e più avanti un'altra suora testimonia: «Il suo ideale che le sue figlie si perfezionassero nella virtù e si santificassero.
Conosceva il cuore delle sue suore, le loro debolezze, raccomandava alle superiore, a voce e per iscritto, molta comprensione: «Mentre io ero in America, mi raccomandava per iscritto, di usare molta comprensione verso le consorelle, cercando di correggerle nei loro difetti e soprattutto di compatirle». Ella stessa metteva in pratica per prima quanto insegnava: «Dovendo dare qualche rimprovero o correzione - così suor Clotilde Maestri - alla sera si avvicinava maternamente al letto di colei che aveva ricevuto l'ammonizione e cercava di confortarla inspirando le propositi di emendamento e di fiducia nell'aiuto divino, in modo tale da renderla tranquilla».
Come si è detto, con le sue figlie agiva a volte con la parola e a volte con il linguaggio silenzioso dell'esempio. Al riguardo così si esprime suor Agnese Le Conte: «Essa era per noi un barometro, perché in tutto ci era di grande esempio». E più avanti: «Le sue opere e le sue parole avevano di mira il nostro bene spirituale». Soleva dire: «Chi non osserva rettamente, cioè con la pura intenzione di dare gusto a Dio solo, santificando se stessa e operando a bene del prossimo e a gloria Sua, perirà miseramente».
Le sue figlie si trovavano bene accanto a madre Vannini, perché «trattava tutte ugualmente e mostrava pazienza con tutte, specialmente con le persone meno intelligenti e meno delicate». Ha deposto suor Giovanna Pedon:«Madre Vannini vive per le sue figlie, sane o malate; ella è sempre vicino a loro [ ... ]. Era molto sollecita per la salute delle suore e, se qualcuna cadeva ammalata, ne mostrava grande pena e lei stessa voleva servirla e assisterla».
Bisogna tenere conto che la maggioranza delle suore che sono morte nei primi anni della fondazione erano giovanissime perché esposte al flagello del tempo: la tubercolosi. La Vannini ne soffriva profondamente, ma per il suo grande spirito di fede, sulla scia di S. Camillo, riusciva a essere felice che le sue figlie avessero la grazia di mettere in pratica il quarto voto di assistere i malati colpiti da malattie contagiose.
Era instancabile, come risulta da un rapido sguardo alla Cronaca della Casa Madre, dove sono annotati con precisione e fedeltà i viaggi intrapresi, le opere compiute per il bene dell'Istituto e di ognuno dei suoi membri. Sempre in moto perché sentiva il bisogno di essere tra le figlie, di ascoltarle, di mettere una goccia di balsamo dove era necessario, di correggere quello che poteva deviare dall'autenticità fondamentale della Congregazione.
continua....
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